Mobbing, la Cassazione: «Non sempre è reato»
Per capire se il mobbing è reato oppure no, il giudice deve determinare i comportamenti concreti di chi mette in atto il mobbing. Questo sembrano dire due sentenze apparentemente contraddittorie della Corte di Cassazione. Una è la decisione presa mercoledì dai giudici della V sezione penale, chiamata a giudicare su una precedente sentenza di non luogo a procedere pronunciata dal Gup di Santa Maria Capua Vetere in una causa intentata da una insegnante di sostegno nei confronti del proprio preside d'istituto.
L'altra è una sentenza del marzo 2006 che condannò 11 persone, fra titolari, dirigenti e quadri dello stabilimento Ilva di Taranto, per la vicenda di mobbing riguardante 62 lavoratori che nel 1998 furono confinati nella ex palazzina Laf del siderurgico. Gli imputati furono condannati per tentata violenza privata e, tre di loro, fra cui il presidente del Consiglio di amministrazione dell'Ilva, Emilio Riva (a 18 mesi), e il direttore dello stabilimento, Luigi Capogrosso (a 20 mesi), anche per frode processuale.
La condotta di mobbing contestata al preside dell'istituto, in Campania, non è reato perché non rientra nei casi perseguibili dal codice penale ma è solo un danno per il quale si può chiedere un risarcimento.
Nel caso specifico, il pm aveva contestato casi di diffamazione, ingiuria e una pluralità di gesti ostili non specificati. Azioni prive in sé, secondo la Corte, di potenzialità direttamente lesive della integrità della vittima o di riscontri obiettivamente dimostrabili.
«La condotta di mobbing - secondo i giudici della V sezione (sentenza numero 33624) - suppone non tanto un singolo atto lesivo, ma una mirata reiterazione di una pluralità di atteggiamenti anche se non singolarmente connotati da rilevanza penale, convergenti sia nell'esprimere l'ostilità nel soggetto attivo verso la vittima sia nell'efficace capacità di mortificare e di isolare il dipendente nell'ambiente di lavoro».
Affinché questa condotta abbia effetti penali e quindi non porti solo a una causa civile, la figura di reato più prossima ai connotati caratterizzanti il mobbing - dice la Suprema Corte - è quella descritta dall'articolo 572 del codice penale, vale a dire «maltrattamenti commessi da persona dotata di autorità per l'esercizio di una professione» che devono compiersi in modo continuativo.
L'Italia è il fanalino di coda in Europa nella lotta al mobbing. «È l'unico Paese europeo che non ha una legge sul mobbing e che dunque non lo prevede come reato», denuncia Fabio Massimo Gallo, presidente della prima sezione lavoro del tribunale di Roma, ed esperto della materia, a cui ha dedicato relazioni e saggi. «Eppure, c'è una delibera del Consiglio d'Europa del 2000 che vincola tutti i Paesi a dotarsi di una normativa antimobbing».
È possibile che il governo vari una legge specifica sul mobbing, anche se il tema non è stato ancora affrontato, afferma il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, alla Festa dell'Udeur, che ha commentato così l'ultima sentenza della Cassazione. «Noi naturalmente - ha aggiunto Damiano - siamo rispettosi delle sentenze ed esamineremo con attenzione il dispositivo». Anche se il problema di una legge del governo sul mobbing «non è stato ancora affrontato - ha concluso il ministro - io non escludo niente. È possibile che la faremo».
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