Il permanere in servizio per svolgere delle incombenze d’ufficio, come frutto di una scelta personale, rendendo materialmente impossibile la fruizione delle ferie, pur essendo un comportamento meritevole del più favorevole apprezzamento, non può avere conseguenze di ordine retributivo, quale il pagamento sostitutivo, che la legge collega al diverso presupposto del diniego espresso dall’Amministrazione per esigenze di servizio. Questa la decisione del Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza 12 febbraio 2007, n. 560, con cui ha respinto il ricorso di un dipendente che aveva chiesto il diritto al compenso sostitutivo per le ferie non godute a causa delle incombenze connesse alla responsabilità dell’incarico ricoperto, per cui aveva dovuto subordinare il proprio diritto alle ferie ai superiori interessi dell’Ente. Il Collegio rigetta il ricorso richiamando alcune pronunce (Cons. St., Sez. V, 21 settembre 2005 n. 4942, 23 maggio 2005 n. 2568, 14 giugno 2004 n. 3850), secondo cui, in tema di diritto al compenso sostitutivo, si riconosce la spettanza al compenso sostitutivo quando il mancato godimento del periodo di riposo dipenda da esigenze di servizio che inducano l’Amministrazione ha negare le ferie richieste. Premesso che il compenso sostitutivo per ferie non godute non costituisce un’obbligazione alternativa, perché l’obbligo primario è quello di concedere e godere le ferie, và evidenziato che anche in passato la giurisprudenza amministrativa (Cons. St., Sez. VI, 1.7.1077, n. 701) aveva ritenuto che la mancata fruizione delle ferie, per fatto del datore di lavoro, svuotando il contenuto originario del diritto per quel che riguarda il mancato godimento di un periodo di riposo che, come fatto in sé è ineliminabile, lascia integra la pretesa patrimoniale connessa. Tra le fattispecie concrete riconducibili al “fatto del datore di lavoro”, tuttavia, la giurisprudenza meno recente ( Cons. St. Sez. VI, 15.12.1982, n. 685) aveva ravvisato la mancata assegnazione del datore di lavoro del periodo di ferie. Infatti, secondo questo indirizzo, poiché la scelta del periodo di ferie è rimessa alla valutazione del datore di lavoro, in relazione alle esigenze produttive, così come previsto dall’art. 2109 cc., da parte di quest’ultimo deve avvenire un atto di assegnazione, con la conseguenza che se ciò non sia avvenuto ed il lavoratore sia rimasto in servizio prestando ininterrottamente la propria opera, il compenso sostitutivo spetta in ogni caso, non rilevando in tale ipotesi disposizioni autorizzatorie o meno del mancato godimento delle ferie. Per completezza, si segnala l’ipotesi in cui il lavoratore ricopre la qualifica di dirigente con potestà di attribuirsi lui medesimo le ferie, senza ingerenza del datore di lavoro. In tale presupposto, la giurisprudenza (Cassazione civile, sez. lav., 27 agosto 1996, n. 7883; Cassazione civile, sez. lav., 7 marzo 1996, n. 1793; Cassazione civile, sez. lav., 6 novembre 1982, n. 5825) ritiene che non spetti il diritto al compenso sostitutivo quando il mancato godimento delle ferie sia imputabile esclusivamente al dirigente, salvo che non dimostri la ricorrenza di eccezionali ed obiettive necessità aziendali ostative alla fruizione delle stesse. (Gesuele Bellini) tratto da www.laprevidenza.it
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