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MILANO - CORDOGLIO PER LA SCOMPARSA DEL COLLEGA ANTONELLO DI MAURO
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Cordoglio per il collega Antonello Di Mauro (10/11/12 - Due Righe) Questa mattina alle 6,45 alcuni agenti della Polizia locale di Milano, in servizio nella sede del Comando Centrale di Piazza Beccaria, nel prendere servizio hanno avuto una brutta e triste sorpresa, nel trovare morto nel proprio ufficio un proprio collega che nella notte si era sparato con la propria pistola d'ordinanza. Antonino Giovanni Di Mauro, questo il suo nome, aveva 51 anni e lascia una moglie e due figlie piccole. Sono ancora ignote la cause che lo hanno spinto al gesto estremo di togliersi la vita, che evidentemente per lui era diventata impossibile. L'uomo, dai colleghi tutti, viene ricordato forse come un po' burbero ma buono, così come disponibile e generoso, tanto da essere una sorta di leggenda per la sua abilità professionale: lo ricordo così quelle poche volte (ora ne ho il rimpianto) con cui ho parlato con lui telefonicamente o di persona. Era oramai qualche anno che lavorava in ufficio al reparto radiomobile e la sua lunga esperienza lo aveva portato ad essere un esperto, indiscusso, nel riconoscere le auto rubate e i telai clonati. Spesso anche altre forze di polizia lo consultavano trovando sempre una sicura risposta per le loro indagini. Il comandante della Polizia Locale T. Mastrangelo ha dichiarato:"Era un innovatore, grazie a lui la Polizia locale di Milano, dagli anni '90 eccelle in Italia, nello studio dei falsi documentali... Il mio pensiero va alla moglie, anche lei agente di polizia, alle figlie e ai colleghi". Di Mauro - ha concluso Mastrangelo - era molto stimato da tutti fin da quando era entrato in servizio a Milano, il 4 ottobre del 1982. Sapeva farsi amare e rispettare dai colleghi. Non si tirava mai indietro di fronte al lavoro". Il sindaco Pisapia ha invece dichiarato: "Una bruttissima notizia ha aperto oggi la mia giornata: un agente della nostra Polizia, una persona a noi vicina, si è tolta la vita e anche se non possiamo conoscere fino in fondo le ragioni di un gesto cosi definitivo, è chiaro che non puo essere che il segno di una profonda disperazione. Sono profondamente addolorato e in questo momento così triste ci stringiamo in un forte abbraccio alla famiglia dell'agente Di Mauro e ai suoi colleghi della Polizia Locale"Il Parole di cordoglio, rivolte alla moglie e le figlie dell'agente Di Mauro, sono giunte anche dagli assessori Chiara Bisconti (Personale) e Marco Granelli (Sicurezza e Polizia locale), che hanno detto: "Esprimiamo, a nome anche di tutta la Giunta, il nostro cordoglio e un profondo dolore alla famiglia dell'agente di Polizia locale mancato stanotte, in particolare alla moglie, anch'essa nostra valida collaboratrice e alle figlie. A loro il nostro sentito abbraccio. Il nostro pensiero va anche a tutti gli uomini e donne della Polizia locale che in queste ore piangono la perdita di un collega molto amato e molto rispettato che ha sempre mostrato professionalità e passione per il suo lavoro". Il Comune di Milano e la Polizia locale, come è giusto che sia, chiedono il massimo riserbo nel rispetto della famiglia, ma non si può fare a meno di fare una riflessione sul fenomeno e non sul caso particolare che merita tutto il rispetto. A tutti gli appartenenti la Polizia Locale milanese, ai parenti e agli amici della "vittima", che rimangono sgomenti a questa triste notizia, il senso più profondo della nostra vicinanza. Notizie come queste fanno parte di quel genere di notizie che nessun giornale vorrebbe mai dare. Ma, inevitabilmente il suicidio di un appartenente alle forze di polizia colpisce sempre l'opinione pubblica, e non si può fare a meno di interrogarsi, sulla necessità di verificare più attentamente lo stato psicologico degli operatori di polizia, dal momento che si trovano gestire un'arma. Non basta certo l'accertamento psicofisico al momento dell'assunzione, ma necessita una periodica verifica durante l'intera carriera professionale, dal momento che le situazioni di stress a cui sono sottoposti sono molto diverse di quelle di un normale impiegato od operaio. A questa figura professionale è richiesto molto in responsabilità, ma quasi mai corrisponde una adeguata retribuzione. Non passa mese, per non dire settimana, che non vi sia un episodio del genere in Italia. Tra gli agenti della Poliza Penitenziaria, forse la più stressata, la Polizia di Stato, i Carabinieri e la Guardia di Finanza i dati (purtroppo non aggiornati ad oggi), relativi al numero dei suicidi degli operatori di polizia sono allarmanti: in dieci anni sono oltre 300 casi. Riguardo agli operatori di Polizia Locale, non vi sono dati disponibili, perchè non strutturati a livello nazionale, ma dalle informazioni non ufficiali si deduce che ci sia un allineamento con il rimanente delle forze di polizia nazionali. La domanda che ne consegue è: esiste un analogia nelle motivazioni del fenomeno suicidio degli appartenenti delle forze dell'ordine con la media dei suicidi della popolazione in generale? Purtroppo una risposta certa non l'abbiamo, perchè in Italia, a differenza di molti altri paesi, il suicidio delle forze di polizia non è stato ancora studiato in maniera strutturale e seriamente. Vi sono solo degli studi settorizzati e comunque non approfonditi. Le Università italiane non hanno portato a termine una ricerca su questo tema , perchè spesso vi è una resistenza nelle stesse forze di polizia, che non sentono a sufficienza il problema, come legato a motivi professionali, ma attribuendo i vari episodi di suicidio, quasi esclusivamente, a motivazioni personali e qualora vi sono delle motivazini riconducibili al lavoro le notizie vengono sottovaluate e ignorate. Questo è un grave gap culturale, che tende a escludere che il verificarsi di questi episodi possa avere relazione con fenomeni di mobbing, che pure c'è ed esiste tra le forze di polizia, forse più che in altri ambiti lavorativi, essendo le rispettive organizzazioni strutturate in maniera piramidale, tipica delle struttre militari. Ora del fatto di cronaca di oggi non vi è nulla che possa far pensare che vi siano relazioni tra le motivazioni personali e quelle lavorative, ma è il pretesto per poter porre in evidenza un problema di cui non si vuole o si fa fatica a parlare. Un importante convegno si era svolto a Milano nell'ttobre del 2007 su tema "MOBBING UN FENOMENO IN CRESCITA" - voluto ed organizzato dalla segreteria milanese di un sindacato di Polizia - , che attraverso i suoi ottimi relatori, aveva eviscerato importanti dati, che poi avrebbero dovuto essere sviluppati in sucessivi studi. Ma come spesso succede, e ora piu che mai, mancano i finanziamenti necessari. Quante altre vite bisognerà sacrificare prima di affrontare seriamente il problema? Sebastiano Di Mauro 9 novembre 2012
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Pubblicazione del: 10/11/2012 nella Categoria News
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