La sanzione comminata ai vigili che indossarono i gradi di maresciallo senza che fossero stati effettivamente concessi è illegittima.
Lo ha stabilito la sentenza emessa il 30 aprile scorso dalla sezione lavoro del Tribunale di Trani.
All'origine della controversia relativa all'attribuzione dei gradi - la cui materia è disciplinata sia dalla legge regionale n. 2/89 che dal regolamento secondo il quale ogni Comune può adottare le norme che ritiene più idonee - c’è una istanza presentata nella primavera del 2010 con la quale dodici agenti di polizia municipale chiesero all'amministrazione comunale il conferimento del grado di maresciallo per i vigili urbani che avessero superato i 25 anni di servizio.
«Un grado simbolico - precisarono gli agenti - che non muta in alcun modo il nostro status giuridico nè tantomeno quello economico, ma che ha l'unico scopo di essere un riconoscimento per il nostro lavoro e per la nostra anzianità di servizio».
Dopo diversi incontri fra le parti, però, l’istanza fu rigettata dall’amministrazione. Così, il 2 giugno 2010, i dodici vigili urbani decisero comunque di ornare le proprie uniformi con i fregi da maresciallo. Nel frattempo, mentre alcuni di loro rinunciarono ai galloni, in cinque scelsero di continuare ad indossarli.
Il Segretario Generale del Comune comminò quindi nei confronti di questi ultimi un provvedimento disciplinare che sfociò nella sospensione dal servizio per quarantacinque giorni.
I cinque agenti, difesi dall'avvocato Luca Gagliardi, proposero immediata opposizione al giudice del lavoro, circostanza che consentì loro di sospendere il procedimento e restare in servizio.
Dopo diversi tentativi di conciliazione e tre udienze in cui si è provato a giungere ad una composizione bonaria della vicenda, il 30 aprile scorso il tribunale si è pronunciato sulla vicenda, bollando come illegittima la sanzione comminata dal Comune.
Analizzando i diversi atti che sono stati notificati dal Comune ai cinque vigili, il giudice La Notte Chirone ha scritto che «non si deve tenere conto del presupposto individuato dal segretario generale per irrogare la sanzione disciplinare, ma del primo atto con cui si è aperto il procedimento disciplinare che è quello del dirigente della polizia municipale».
In sintesi, nella nota del segretario con la quale è stata comminata la sanzione ai vigili si parla di un fatto mai contestato prima di quel momento e differente da quanto scritto nell'atto del del dirigente della polizia municipale.
Un atto, quest’ultimo, «amministrativo - continua il giudice - e come tale non idoneo a fondare una qualsiasi responsabilità di tipo contrattuale basata sul rapporto di lavoro che intercorre tra i vigili ed il Comune».
«I vigili - prosegue la sentenza - si sono difesi solo per il fatto indicato nell'atto del del dirigente della polizia municipale per cui, non potendosi assolutamente ritenere che il segretario generale aveva il potere di applicare una sanzione per un fatto mai contestato, in accoglimento delle osservazioni dei ricorrenti (i vigili, ndr), la proceduta disciplinare deve essere ritenuta prescritta».
In più, conclude il giudice, «i vigili non si erano attribuiti i gradi, ma avevano ornato le divise con dei listelli che risultavano più che altro un segno convenzionale fra di loro, indicando una differente età di servizio. Risulta davvero anacronistico parlare di gradi nell’ambito della polizia municipale, trattandosi invece di semplici titoli onorifici che non modificano lo stato giuridico ed economico dei dipendenti e quindi non incidono sull'organizzazione e disciplina degli uffici e sulla consistenza e variazione delle dotazioni organiche».
Fonte:CORATO LIVE