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La Cassazione condanna il padre: non ha protetto la bambina in auto



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La figlia morì senza cintura: omicidio


Un terribile tamponamento, il balzo fuori dall’auto. Il panico, la corsa in ospedale. Poi l’epilogo, tragico, irreversibile. La sua bambina muore, lui e la moglie si salvano, mentre la macchina della giustizia si mette in moto. Dopo 12 anni di processi, A.Q. è stato condannato definitivamente per omicidio colposo: causò lo scontro nel quale la piccola perse la vita, ma soprattutto non fece il possibile per proteggerla. La bimba viaggiava tra i sedili anteriori, fra il padre e la madre, e non indossava la cintura di sicurezza. Per questo la Cassazione ha suggellato per sempre la responsabilità del padre alla guida della vettura, mettendo per la prima volta un punto fermo su una questione assai delicata: stragi di bambini vittime di genitori al volante, spesso sprovvisti di seggiolino o di cinture ben allacciate.
I numeri non mancano: nel 2003, nei primi sei mesi dall’entrata in vigore della patente a punti, l’Istat indica 133 bimbi fino a 14 anni che hanno perso la vita sulla strada: 96 maschi e 37 femmine. Per non parlare dei feriti: oltre 12 mila. La maggior parte dei piccoli morti sono quelli trasportati in auto: 62, i più numerosi (24) sotto i cinque anni. E la casistica impressiona quando si entra nel dettaglio degli incidenti. Nel luglio 1999, nel Cremonese, perde la vita un bimbo di 2 anni e mezzo: alla guida la madre che nel tentativo di allacciargli la cintura finisce contro un palo della luce. Nulla di nuovo nel 2002, in provincia di Roma, dove un piccolo di 19 mesi viene scaraventato fuori dal finestrino, mentre la mamma si schianta contro un albero. A soccorrerli è il padre del bambino, che stava rientrando a casa. Idem nel novembre 2004, a Barzanò, in provincia di Lecco, dove un altro neonato di appena sei mesi scivola sull’asfalto sbalzato fuori dall’auto guidata dalla madre diciannovenne. La ragazza, convinta di aver assicurato il figlio al seggiolino, finisce sotto inchiesta per omicidio colposo. La lista è lunga, ma la dinamica non cambia. Come sottolinea Giordano Biserni dell’Associazione sostenitori della Polstrada: «Spesso i bambini sono vittime della superficialità dei genitori. Ma bisogna capire che certi comportamenti hanno conseguenze spesso irreversibili - spiega Biserni -. E non dimentichiamo i minori feriti, che sono migliaia: come può un padre sopportare di aver provocato al figlio lesioni permanenti? Meglio pensare prima di mettersi in auto».
Sulla stessa linea Giuseppa Cassaniti Mastrojeni, presidente dell’Associazione italiana familiari e vittime della strada: «La sentenza della Cassazione segna un passo importante nella repressione degli incidenti: mette l’accento sulla corresponsabilità, vale a dire che si può uccidere non solo provocando un incidente, ma anche omettendo di proteggere chi si trasporta». Poi un pensiero al padre condannato: «Mi dispiace. So sentirà il peso di quello che ha fatto per tutta la vita, dentro di sé, e ora anche socialmente. Ma è inevitabile: la vita è troppo importante per essere distrutta da negligenza o mancanza di responsabilità. Tanto più se si è genitori».
Grazia Maria Mottola - Corriere della Sera
gmottola@corriere.it







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