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CERTIFICAZIONI PER MALATTIA



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Certificazioni per malattia: ospedali e asl senza indicazioni per applicare il decreto
Dopo l'entrata in vigore del dl 112 emergono i primi problemi applicativi
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Ma è lecito chiedersi se le strutture sanitarie disporranno (e se sì, in che tempi) delle risorse anche strumentali per prevedere visite anche a domicilio, o, quantomeno, la prenotazione oraria. Anche per non trasformare le strutture adibite a questo servizio di certificazione in uno di quei «certificatifici» che il legislatore, nel corso di questi ultimi 15 anni, ha cercato di eliminare, nel nome dell'efficienza e speditezza dell'azione amministrativa.

È la nuova disciplina sulle malattie del personale pubblico la prima e principale sfida del decreto legge 112/2008.

A fronte, infatti, delle innovazioni previste dall'articolo 71 della manovra estiva 2008, si manifesta una serie di problemi applicativi e interpretativi, che generano interrogativi in particolare sulla capacità delle strutture sanitarie pubbliche di assorbire l'impatto della norma.

Un primo aspetto riguarda la decorrenza della disposizione. Come noto, si prevede che «nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell'anno solare l'assenza viene giustificata esclusivamente mediante presentazione di certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica».

Non v'è alcun dubbio che sin dalla vigenza del decreto, cioè a partire dal 25 giugno, si applica immediatamente la disciplina riguardante le assenze per periodi superiori a dieci giorni, non solo ai fini della certificazione, ma anche della riduzione del trattamento economico a quello esclusivamente tabellare.

Maggiori problemi pone l'obbligo di giustificare la malattia esclusivamente attraverso certificazione medica di una struttura sanitaria pubblica «dopo il secondo evento». L'articolo 71 non riporta alcuna norma di diritto transitorio né si scrive espressamente che le nuove regole si applicano successivamente all'entrata in vigore del decreto.

Stando così le cose, allora, l'articolo 71 pare debba applicarsi con efficacia immediata. Il che significa che i dipendenti che prima del 25 giugno abbiano già subito eventi di malattia, soggiaceranno da subito alla nuova disciplina normativa.

Un secondo aspetto riguarda l'applicazione della norma «dopo il secondo evento» nell'anno solare. Il legislatore non ha utilizzato una formulazione chiarissima. Tanto è vero che in molti leggono la disposizione nel senso che già al secondo evento di malattia occorre il certificato rilasciato dalla struttura sanitaria pubblica. Altri, invece, sostengono che questo obbligo scatti al terzo evento: ipotesi che sembrerebbe la più corretta, visto che l'espressione «dopo il secondo evento» grammaticalmente dovrebbe intendersi come obbligo che scatta successivamente, appunto, alla seconda malattia nell'anno solare e, quindi, quando si verifica la terza malattia. In assenza di un'auspicabile chiarificazione in sede di conversione, le amministrazioni, attraverso disposizioni gestionali interne, comunque, è opportuno chiariscano l'accezione che intendono dare alla norma, perché da lì scattano le responsabilità anche disciplinari dei dipendenti.

Il terzo aspetto, forse quello maggiormente delicato, concerne l'attuazione concreta della disposizione. Si nota l'assoluta mancanza di disposizioni organizzative rivolte alle strutture sanitarie pubbliche, destinatarie dell'onere di rilasciare le certificazioni per i casi di malattia superiori ai dieci giorni o per gli eventi successivi al terzo. Non si capisce se, per esempio, per le aziende ospedaliere debbano essere i pronto soccorso o altre strutture: certo, nel primo caso si darebbe vita a un sovraffollamento delle strutture adibite alle emergenze incompatibili con le politiche sanitarie più recenti. Nel caso delle aziende Ulss è immaginabile siano i distretti, ma, ovviamente, fin qui non risultano istituiti servizi specifici, il che implica l'impossibilità di conoscere l'orario di lavoro e le modalità di espletamento del servizio stesso. Immaginare che esso si possa svolgere esclusivamente accedendo alle strutture sanitarie appare incongruo: tale libertà di movimento si dovrebbe presumere propria di chi utilizza artatamente gli episodi di malattia per assentarsi indebitamente dal servizio, non in chi sia realmente malato.

Italia Oggi 4/7/2008 Luigi Oliveri






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