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IL Segretario Generale Nazionale Daniele Minichini


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Semaforo rosso per i concorsi con selezione



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È il concorso la forma di reclutamento principe per il pubblico impiego. E le eventuali forme di restrizione non devono essere irragionevoli. A ricordarlo è la Corte costituzionale con la sentenza n. 34 del 2004, scritta dal giudice Paolo Maddalena. Di conseguenza, è stato bocciato l'articolo 2 della legge della regione Calabria n. 4 dell'8 gennaio 2002. La disposizione contestata autorizzava un ospedale locale a coprire l'aumento di organico di 5 posti di biologo e 2 di medico attraverso un concorso riservato al solo personale che ha già operato nell'assegnazione di borse di studio nell'ambito di alcuni progetti di ricerca. Ulteriore condizione, l'ottenimento di almeno due proroghe del contratto di ricerca stesso. Contro la norma aveva promosso un giudizio di costituzionalità la presidenza del Consiglio, lamentando il sacrificio del principio del buon andamento per avere privilegiato le aspettative dei singoli candidati rispetto all'interesse oggettivo della pubblica amministrazione. Nel mirino criteri che non assicuravano una selezione soddisfacente, disattendendo il diritto di tutti i cittadini all'accesso agli uffici pubblici. Il ragionamento alla base della sentenza della Consulta prende avvio dalla sottolineatura del concorso pubblico come modalità di ingresso nella pubblica amministrazione. Un regola alla quale si può derogare «solo in presenza di peculiari situazioni giustificatrici, nell'esercizio di una discrezionalità che trova il suo limite nella necessità di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione». Richiamando precedenti interventi, inoltre, la Corte spiega anche che la regola del pubblico concorso può essere considerata pienamente rispettata solo quando le selezioni non sono arbitrarie, con irragionevoli forme di restrizione dei concorrenti. La sentenza precisa così che l'accesso al concorso può essere condizionato al possesso di particolari requisiti fissati dalla legge anche per valorizzare precedenti esperienze lavorative maturate sempre nell'ambito dell'amministrazione. Ma questo è possibile solo «fino al limite oltre il quale possa dirsi che l'assunzione nell'amministrazione pubblica, attraverso norme di privilegio, escluda o irragionevolmente riduca, le possibilità di accesso, per tutti gli altri aspiranti con violazione del carattere "pubblico" del concorso». Di qui l'osservazione che la Consulta soltanto in particolari ipotesi ha considerato legittime procedure di concorso integralmente riservate a personale interno con particolari qualifiche. Nel caso in questione, invece, il legislatore regionale, con l'obiettivo di non compromettere l'attività di ricerca avviata presso i centri di ricerca e per acquisire specifiche professionalità ha autorizzato l'ospedale ha aumentare l'organico e ha previsto una "gara" integralmente riservata. Un aumento di organico che la Corte non contesta, giudicando condivisibile l'esigenza di consolidare le professionalità acquisite. Dove invece cala la scure è sulla irragionevolezza della riserva esclusiva a vantaggio dei borsisti dal momento che, a livello nazionale, esistono più centri e laboratori, e anche ricercatori, in grado di coprire i posi in organico, senza che sia necessario procedere a un concorso ad esito scontato come quello in questione. Sono state così respinte le tesi della Regione che negavano l'irragionevolezza, sostenendo, tra l'altro, che l'assegnazione delle borse di studio comporta comunque una selezione precedente e che in ogni caso l'assunzione segue una procedura concorsuale, anche se riservata. GIOVANNI NEGRI
www.ilsole24ore.com





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