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Il Mattino:Contravvenzioni stradali, vince l’impunità



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CRISTIANO TARSIA Multe stradali, impunità continua. Chi fa ricorso in Prefettura - ce ne sono settantamila l’anno - non paga la contravvenzione. Salvo che in rarissimi, per non dire isolati, casi. Lo dice la legge, lo confermano le sentenze. Mentre dall’altro lato Prefettura e polizia municipale continuano a non fornire la documentazione in regola per quanto riguarda i rigetti dei ricorsi e le conseguenti ingiunzioni di pagamento. Una questione di organizzazione e di rispetto delle regole. Che vanno ripristinate al più presto. Se ne discuterà sabato mattina, alle 11.15, nel corso del Forum sulla mobilità, presso la ex sede della facoltà di economia e commercio, a via Partenope: tra 48 ore si farà il punto sulle cose che non vanno in un settore delicato come quello della viabilità, con tutti gli annessi e connessi, dai trasporti pubblici, alle infrastrutture (vedi strade e parcheggi), a tutto l’iter delle multe, da sempre un problema per Palazzo San Giacomo, tanto da richiamare l’attenzione, più di una volta, della Corte dei Conti che ha messo l’accento anche nella sua ultima relazione sullo spreco di denaro pubblico dovuto al mancato pagamento delle multe stradali (un buco di 200 milioni per il Comune) e sulla conseguente impunità degli automobilisti napoletani: ormai tra le sempre meno multe elevate dai vigili, le sempre più numerose prescrizioni e ora l’annullamento delle ingiunzioni prefettizie, in pochi pagano i verbali. Ma andiamo con ordine. Lo scorso 13 gennaio la Cassazione emette una sentenza che spiega che va annullata l’ordinanza-ingiunzione della Prefettura sul modulo prestampato che non spiega le ragioni del rigetto . Insomma se il prefetto respinge il ricorso contro la contravvenzione deve sempre motivare. Altrimenti l’ordinanza viene annullata. Una sentenza ripresa dai giudici di pace di Napoli. Nel caso specifico il giudice Gerardo Imparato ha accolto l’opposizione di un automobilista che si è visto recapitata l’ordinanza-ingiunzione con il prestampato senza motivazioni. Scrive il giudice che il trasgressore di norme del codice della strada «per le quali è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria, può proporre ricorso al prefetto allegano i documenti ritenuti idonei». Poi, da parte sua, il prefetto «attende l’invio da parte del responsabile dell’ufficio o del comando cui appartiene l’organo accertatore (quasi sempre la polizia municipale) nei termini previsti». E, secondo quanto dettato dalla Cassazione e accolto dal giudice di pace napoletano (naturalmente sulla scorta del codice stradale), «gli atti corredati dalla prova dell’avvenuta contestazione o notificazione devono essere corredati dalle deduzioni tecniche dell’organo accertatore utili a confutare o confermare le risultanze del ricorso». Sempre nell’iter di legge, il prefetto - ricorda ancora il giudice - a sua volta «se ritiene fondato l’accertamento deve emettere ordinanza motivata con la quale ingiunge il pagamento della sanzione amministrativa; se invece non valuta fondato l’accertamento emette ordinanza motivata di archiviazione». Dunque, ragiona il giudice, «risulta evidente e incontrovertibile che il provvedimento amministrativo emesso dal prefetto, in entrambi i casi, deve essere motivato». Secondo il giudice, inoltre, per motivare il rigetto si può accludere l’atto di supporto dell’organo accertatore, cioè della polizia municipale. Cosa che a Napoli avviene molto di rado. Questo perché il cittadino deve «ricostruire l’iter logico-giuridico attraverso cui l’amministrazione si è determinata ad adottare un dato provvedimento», per poi «controllare il corretto esercizio del potere e facendo valere, nelle sedi opportune, le proprie ragioni». E la stessa motivazione non può «rispondere a uno standard fisso e immutabile ma varia necessariamente in ragione degli effetti». Vale a dire che i ciclostilati acclusi ai rigetti non sono validi. E il giudice di pace può annullare gli stessi rigetti.





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